Counseling genitoriale: l’importanza del sostegno ai genitori durante la terapia psicologica del bambino.

Counseling genitoriale: l’importanza del sostegno ai genitori durante la terapia psicologica del bambino.

Lo psicologo che lavora con i bambini lavora anche insieme ai genitori.

Quando si tratta di bambini la richiesta dei genitori di una valutazione psicologica del figlio può avere svariate motivazioni. Spesso i genitori non sanno più come affrontare i comportamenti dei loro figli. In certi casi la richiesta di una visita dallo psicologo può essere dovuta a segnalazioni da parte degli insegnanti, che lamentano una condotta inadeguata.  A volte il genitore pensa che il bambino possa essere “viziato” o influenzato negativamente da alcune regole di condotta che la famiglia vorrebbe modificare, altre volte i genitori portano a studio una forte preoccupazione, ad esempio la paura che il figlio sia depresso, perché troppo chiuso, o il timore che il bambino abbia un deficit dell’attenzione perché  troppo distratto. In sintesi, la paura di una patologia da diagnosticare e curare.

L’approccio più corretto nella terapia psicologica infantile è caratterizzato da un’indagine e terapia del bambino a cui si affianchi un percorso di consulenza genitoriale.

Principio base di un buon assessment terapeutico e del counseling genitoriale è quello di far partecipare i genitori del bambino al problema e alla sua soluzione.

In fase di valutazione i genitori sono fondamentale fonte di informazioni sui figli: hanno una posizione privilegiata di osservatori e interlocutori del bambino nei diversi momenti della giornata. Ruolo del terapeuta infantile è attivare nei genitori una ricostruzione di significati da attribuire al disagio del bambino: restituire alla madre e al padre il valore della loro lettura della situazione ampliando allo stesso tempo l’area di indagine e di interpretazione, per far si che la famiglia sia pronta a mettersi in gioco e ricostruire la propria storia, senza vivere il momento di valutazione e cura come estraneo o invadente rispetto al proprio percorso familiare. Gli obiettivi del percorso di terapia psicologica con il bambino possono essere in tal modo definiti insieme tra terapeuta e genitori.

In fase di terapia psicologica del bambino bisogna trovare uno spazio sistematico in cui accogliere timori, perplessità e informazioni nuove dei genitori. Se in fase di valutazione iniziale i genitori sono in genere più disponibili, può accadere che si attivino maggiori resistenze nel mettersi in gioco in fase di terapia infantile. Il genitore, che affida formalmente il bambino al terapeuta, potrebbe sviluppare titubanze per il fatto di sentirsi “messo alla porta” e di non poter condividere lo spazio terapeutico con il figlio. Al contrario potrebbe invece delegare totalmente la “guarigione” del bambino al terapeuta, che viene investito di funzione salvifica totalizzante.

Né l’uno né l’altro approccio sono utili alla riuscita della terapia con il bambino. È compito doveroso dello psicologo utilizzare strategie atte a favorire “un buon incontro”, cioè un clima sereno ed una sana partecipazione al percorso del figlio, senza invadenza o evasività.

È fondamentale prevedere incontri periodici con i genitori, dopo un primo incontro di raccolta dei dati anamnestici, per rispondere a più esigenze:

-individuare blocchi del sistema familiare a cui possano corrispondere i disagi manifestati dal bambino

-sostenere emotivamente i genitori nell’aprirsi ad altri significati del sintomo del figlio

-stimolare un clima di comunicazione collaborativa che aiuti il monitoraggio dei cambiamenti

-informare i genitori sull’andamento della terapia, nei limiti imposti dl rispetto della privacy del piccolo paziente.

-ampliare il bagaglio di informazioni sul bambino. E’ frequente che durante incontri successivi i genitori comunichino al terapeuta informazioni e eventi omessi in sede di primo colloquio, perché non ritenuti rilevanti o per timore o vergogna.

Il lavoro dello psicologo infantile è sempre su due piani. La domanda iniziale è “come sta il bambino?”. Quella che guida la procedura di valutazione e terapia deve essere invece duplice “Come sta il bambino? E come sta la famiglia?”. L’attenzione verso la salute psicologica del bambino e del sistema familiare aiuta a mettere da parte tendenze alla colpevolizzazione e a attribuzioni di responsabilità incrociate (“è lui il malato!” oppure “è tutta colpa di sua madre se è cresciuto così”) e apre a nuovi spazi di analisi e maggiore consapevolezza.

Il coinvolgimento dei genitori tramite il counseling dimostra una più veloce risoluzione del problema, con una diminuzione dei sintomi del bambino e un aumento di emozioni positive e coesione del sistema familiare.