PERCHE’ MIO FIGLIO MI ODIA?  5 cose da sapere per sopravvivere all’odio di un adolescente.

PERCHE’ MIO FIGLIO MI ODIA? 5 cose da sapere per sopravvivere all’odio di un adolescente.

Da psicoterapeuta dell’adolescenza mi sono sentita spesso chiedere da genitori alle prese con figli adolescenti perché questi ultimi fossero così arrabbiati con loro.
Non c’è mai un unica risposta, e le situazioni individuali permettono al terapeuta di distinguere una rabbia eccessiva da una “fisiologica”.
proviamo a dare di seguito alcune brevi spiegazioni a delle frasi frequenti che mi sento dire dai genitori,e proviamo a fare insieme i dovuti distinguo tra un caso e l’altro.

1- mio figlio mi odia perché sta crescendo?
Ebbene sì. In un certo senso è proprio così. Il processo di crescita porta il ragazzo a dover sperimentare l’odio oltre che l’amore per i propri genitori e tale sentimento assume funzione evolutiva di distacco. Si permette che lo stesso oggetto sia fonte di amore e di odio, e se il genitore sopravvive a questi attacchi, restando al suo posto, il ragazzo potrà affrontare il distacco con una sicurezza di base che gli permetterà di tornare dal padre o dalla madre ogni volta che ne avrà bisogno.

2-“Mio figlio mi odia perché lo tratto ancora come un bambino”.
A volte questa frase viene pronunciata con un sorriso malinconico e sminuendo l’importanza della differenza tra l’avere a che fare con un bimbo piuttosto che con un adolescente. “Che ci posso fare, per me lui resta sempre il mio bambino!”. E’ più utile accettare che oltre al bambino, che persiste sempre nel corpo dell’adolescente, c’è una parte più matura e bisognosa di esprimersi, che il genitore deve aiutare a venir fuori, piuttosto che frustrare costantemente il figlio, non riconoscendogli ruoli e spazi nuovi.
E’ questo il caso di madri che ancora scelgono i vestiti al posto della figlia, o che fanno ancora il bagno ai figli o li fanno dormire spesso nel proprio letto. Al di là dell’indubbia condivisione di affetto che tali abitudini significano è importante che lo psicologo infantile metta in guardia questi genitori da come tali condotte non facilitino la crescita del figlio. Questi deve sviluppare nuove rappresentazioni di sé che poggino su processi di autonomia. Decidere per sé, sperimentare nuovi indumenti da indossare, permette al ragazzo di decidere chi vuole provare ad essere in quel momento. Curarsi del proprio corpo e della propria igiene da solo, mantenere la privacy in bagno o nella propria camera da letto da luogo al ridimensionamento dei confini.

3 – “Mio figlio non vuole più fare le cose con noi. Mi odia perché il sabato e le vacanzeestive le passiamo sempre in famiglia. E’ una tradizione!”.
L’adolescenza del figlio rimette in discussione tutti i membri del sistema e deve essere vissuta come una nuova fase di vita della famiglia. Solitamente questo è il momento in cui anche la coppia coniugale ha più tempo per sé. Resistenze a tale cambiamento possono nascondere conflitti di coppia e allontanamenti su cui è bene lavorare, senza nascondersi nella necessità di accudimento dei figli. Se vostro figlio vuole andare al fast food con gli amici, concedetegli questo spazio e rivalutatelo come tempo in più per voi. E’ questo il momento migliore per ritrovarsi oltre che come madre e padre anche come coniugi e come adulti con esigenze che a volte vengono messe da parte per troppi anni.

4- “Mio figlio mi odia. Per evitare che si arrabbi gli faccio fare tutto quello che vuole. Ma lui è comunque sempre arrabbiato con me”.
Il rischio opposto all’interno della fase di ribellione adolescenziale è rappresentato dai genitori che “abdicano” al loro ruolo, per paura di dire “no”. I “no” ed i confini sono sempre necessari e ben accetti anche da quei figli che tanto li criticano. In ottica psicologica si sta metttendo in gioco lo scenario di lotta del giovane per la propria libertà. Il ragazzo vuole percorrere nuove strade, ma è compito del genitore guidarlo al mondo nuovo ed adulto, senza rinchiuderlo nel castello del re, ma contemporaneamente senza lasciare andare fuori il cavaliere privo di strumenti, rischiando che cada in un burrone. I vostri consigli,le vostre indicazioni su cosa è giusto e cosa e sbagliato, le vostre spiegazioni su “buoni e cattivi” sono pezzi di quella corazza che permetteranno al giovane cavaliere di combattere da solo fuori dal castello, per raggiungere la sua libertà, ma grazie anche alla protezione che voi gli avete comunicato, e che diventa guida interna. Le vostre parole saranno interiorizzate e funzioneranno come punto di riferimento, anche in vostra assenza.
La soluzione tra non far fare nulla e permettere tutto è negoziare insieme un compromesso. Il campo di armistizio si gioca tutto su pratiche di negoziazione che permettono sia al figlio che al genitore di esprimere le proprie ragioni e trovare un terreno comune di accordo.
In tal modo permettiamo al figlio di veder riconosciuta la propria personalità e i propri bisogni, e allo stesso tempo diamo valore anche alla nostra autorevolezza e all’importanza della nostra presenza.
Per esempio si può concedere un’ uscita serale, chiedendo però che il figlio mandi un sms per dire dove si trova, e che avverta telefonicamente se ritarda il rientro.

5-“Mio figlio mi odia ed è violento con me”.
I casi specifici in cui l’odio comunicato diventa violenza, fisica, verbale e/o psicologica sono da ritenersi versioni patologiche che superano il confine del normale processo di crescita. Queste situazioni hanno bisogno di una presa in carico del sistema familiare, di una raccolta anamnestica approfondita della storia del figlio e dei genitori e dell’individuazione delle forme di psicoterapia più adatte alla situazione . E’ da valutare un percorso terapeutico per l’adolescente, ma anche un counseling genitoriale, o una terapia dei genitori, se si riscontrassero difficoltà di gestione della rabbia anche nella madre o nel padre.